Il pozzo dimenticato di via Libertà

A due passi da via Libertà si trova un'antichissimo pozzo, nel quale si può scendere grazie ad una scalinata scavata nella roccia. Qual è la storia di questo strano luogo?

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A piazza Edison, a pochi metri da via Libertà, si trova un antichissimo pozzo quadrato, largo 12 metri e profondo 22, che in pochi conoscono e la cui origine non è ancora certa. I primi studi compiuti su questo luogo lo hanno attribuito alle preistoriche popolazioni Sicane, mentre rilevazioni più recenti hanno individuato tracce risalenti al periodo medievale palermitano.

Ecco la storia di questo pozzo e di come è stato riscoperto.

La riscoperta del pozzo di piazza Edison

Alla fine degli anni ‘20 del ‘900, quando Palermo era nel pieno della rivoluzione urbanistica del periodo fascista che mirava a collegare la Stazione Centrale con varie zone strategiche della città, si rese necessaria un’opera di espansione che portasse alla costruzione di nuovi quartieri residenziali al di fuori del centro storico.

Uno di questi era il quartiere Littorio (oggi quartiere Matteotti) che doveva sorgere per iniziativa dell’Istituto Autonomo Case Popolari su alcuni terreni appartenuti alla famiglia Monroy, e prima ancora di proprietà dei duchi di Sperlinga, a quel tempo interamente coltivati ad agrumi.

Quando nel 1927 iniziarono i lavori a cura degli architetti Giovan Battista Santangelo e Luigi Epifanio, durante il taglio degli alberi di arance e limoni si scoprì la presenza di questo profondo pozzo quadrato, con lati di 12 metri e una profondità di 22. Dal fondo, raggiungibile mediante 95 gradini scavati nella roccia, si snoda una galleria lunga circa 30 metri che termina in un pozzo più piccolo.

Chi ha scavato questa imponente opera idraulica?

Vista del pozzo e del quartiere Matteotti – Google Earth

Dopo un nuovo periodo di abbandono in cui il pozzo fu utilizzato come discarica per materiali di risulta e persino come rifugio antiaereo, nel 1940 il dottor Alfredo Salerno, medico appassionato di storia e di speleologia, eseguì i primi studi su questo antico luogo e attribuì la sua costruzione ai popoli Sicani, che abitarono l’isola in tempi antichissimi, vista la presenza di alcuni graffiti che aveva rinvenuto nella galleria, datandoli alla preistoria.

In seguito ulteriori analisi furono svolte dal professor Beguinot, docente dell’Istututo Orientale di Napoli, che interpretò le incisioni come nomi di persona scritti in un antica lingua libica, quindi attribuibili al periodo delle guerre Puniche, quando i mercenari libici fornirono supporto militare ai cartaginesi assediate sul Monte Pellegrino.

A prescindere dalla veridicità di queste ipotesi (la prima messa in discussione dal fatto che i Sicani non fossero il popolo dominante in questa parte della Sicilia, la seconda dal fatto che difficilmente le truppe cartaginesi avrebbero avuto modo di creare una tale opera nel bel mezzo di un assedio), delle rilevazioni più moderne risalenti al 1988 hanno ridatato la creazione del pozzo al tardo medioevo, almeno nella forma che possiamo vedere oggi.
Quindi, anche se fosse esistita una fonte d’acqua in epoca antica, e se in effetti i graffiti risalissero al III secolo a.C., la monumentale opera di scavo a pianta quadrata è stata probabilmente realizzata in tempi (relativamente) più moderni.

A cosa serviva questo pozzo?

Sin dall’antichità, l’area che si sviluppa a nord della vecchia Palermo è stata utilizzata per l’attività dei pirriaturi, ovvero gli operai che lavoravano nelle cave di pietra per estrarre la calcarenite necessaria alla costruzione degli edifici. Proprio da questa area, denominata appunto “Balate” dall’arabo balath – lastra di pietra, provengono i blocchi che hanno dato forma alla nostra città e ai suoi monunumenti.

Per le attività di estrazione era necessario scavare dei pozzi, sia per ottenere l’acqua necessaria alla lavorazione dei blocchi che per fornire refrigerio ai pirriaturi, costretti a lavorare per ore ed ore sotto il sole cocente; ed è probabilmente per questa ragione che nelle zone di estrazione non manca mai un pozzo di acqua fresca.

Quando a fine ‘700 le attività di estrazione cessarono, il pozzo rimase inutilizzato e l’intera zona fu riconvertita ad agrumeti.
Dopo la costruzione del quartiere Matteotti, qualche Panormopiteco (passatemi il termine) ha deciso che quel grosso buco era sprecato, pertanto lo ha trasformato in una discarica nella quale si sono accumulati decenni di rifiuti che, nonostante qualche sporadica bonifica, tornano sempre in fondo al pozzo laddove un tempo sgorgava acqua pulita e dove (forse) le antiche civiltà si sono abbeverate.

Leggi anche: Villa Arena Mortillaro ai Petrazzi

Fonti: R. La Duca – Quel pozzo misterioso a Piazza Edison – Giornale di Sicilia 12/02/1982
Il Canto Oscuro – Quartiere Matteotti e pozzi misteriosi

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Samuele Schirò
Samuele Schirò
Direttore responsabile e redattore di Palermoviva. Amo Palermo per la sua storia e cultura millenaria.

3 COMMENTI

  1. Ricordo che molti anni fa fui invitato per un evento benefico nella vecchia sede del Circolo del Bridge, più o meno di fronte l’uscita della fermata del Metrò. Tra gli ospiti c’era la signora Katia Ricciarelli. Ci portarono a visitare i sotterranei, che erano in parte chiusi da grate e ci dissero che un cunicolo andava in direzione di Piazza Don Bosco e sboccava proprio in quel pozzo. Sarebbe interessante verificare.

    Come sempre, grazie per i vostri spunti.

    • Secondo quanto riportato da tutti gli scritti, la galleria in fondo al pozzo sbuca in un altro pozzo più piccolo a circa 30 metri di distanza. Non sono a conoscenza di altri cunicoli collegati, ma sarebbe interessante verificare l’eventuale accesso a questo o a altri pozzi simili.

      • Si potrebbe verificare con i proprietari/gestori di Villa Amarù. L’evento benefico cui partecipai fu organizzato dagli Ematologi dell’Ospedale Cervello e dall’AIL e vide la partecipazione della Signora Ricciarelli.

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