Chiesa di Santa Maria La Nova

Nel centro storico di Palermo, poco distante dal famoso mercato della Vucciria è ubicata la Chiesa di Santa Maria La Nova, uno dei principali esempi di architettura gotico-catalana palermitana

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Molte volte ero entrato in questa chiesa, ma mai mi ero reso conto di quanto fosse bella, fra le più belle della città. Forse con l’età guardi le cose con occhi diversi e ti accorgi che più conosci più scopri di non conoscere, più guardi e più ti accorgi di cose che forse non avevi mai guardato”.

Ubicata in piazza San Giacomo la Marina, nell’antica contrada della “Tavola Tonda al Castellamare” (così chiamata per la presenza, un tempo, di numerosi fondaci e locande), tra il vecchio mercato della Vucciria e l’antico porto della Cala, la Chiesa di Santa Maria La Nova nacque dalla trasformazione di un oratorio annesso ad un’ospedale per la cura dei pellegrini eretto nel 1339 poi diventato Casa di Disciplina.
Nella stessa piazza, fino al 1860, quando se ne decretò la demolizione a seguito dei danneggiamenti causati dalle cannoniere borboniche durante i moti palermitani, esisteva l’antica chiesa di San Giacomo la Marina, fondata in epoca normanna, probabilmente dalla trasformazione di una moschea araba, anche se questa tesi non è suffragata da fonti documentarie certe, e quei pochi indizi di cui siamo in possesso dovrebbero essere verificati e approfonditi.
La nuova edificazione (da qui la denominazione di “Nova”) fu decisa dalla Confraternita di Santa Maria la Nova attorno al 1520 (pare a seguito di un evento ritenuto miracoloso), anche se la costruzione, nel cui cantiere lavorarono i “maestri fabbricatori” Giuseppe Spatafora e Giuseppe Giacalone, si protrasse per diversi decenni (fu compiuta nelle sue strutture principali almeno, nel 1582).
Nel 1585 vi fu istituita la Deputazione per la Redenzione dei Cattivi (dal latino captivi, cioè prigionieri), che aveva come compito istituzionale la raccolta delle elemosine per il riscatto degli schiavi cristiani fatti prigionieri dai turchi.
Il sacro edificio, durante l’ultimo conflitto mondiale, come tanti altri monumenti della città, veniva danneggiato  in una incursione aerea nemica avvenuta nella notte tra il 28 febbraio e il primo marzo 1943. Gli effetti della deflagrazione di un ordigno caduto nelle sue vicinanze causarono il crollo del tetto del tiburio, e alcuni danni, per fortuna di poca entità, all’interno e agli infissi.
La chiesa di Santa Maria la Nova detiene il titolo parrocchiale e ha sempre svolto un ruolo di rilievo, sia nelle vicende religiose che in quelle economiche-sociali del quartiere della “Loggia” che fino alla metà del novecento fu il centro del cuore economico della città.

L’esterno

Per quanto riguarda la configurazione esterna, questo edificio religioso rappresenta un mirabile esempio di architettura della prima metà del sec. XVI, testimonianza emblematica dell’architettura cinquecentesca a Palermo, ancora incentrata sull’evidente adesione a schemi di gusto Gotico-Catalano, a lungo presenti nell’architettura palermitana.
Di notevole importanza è l’elegante portico con loggiato il “Tocco”, sempre presente nelle chiese dei quartieri mercantili, che ingentilisce la facciata principale e precede l’ingresso alla chiesa.
Rinserrato fra due piloni angolari caratterizzati da aperture cieche che creano un plastico gioco di sporgenze, presenta tre arcate a mezzo sesto con ghiere a rincasso sorrette da due colonne in marmo con capitelli corinzi finemente lavorati.
La copertura del portico è costituita da volte a crociera costolonate con chiavi pendule, elementi riconoscibili della tradizione Gotico-Catalano: il loggiato è chiuso da una cancellata in ferro battuto.
L’osservatore attento non potrà fare a meno di notare che la facciata, nella sua parte superiore, si differenzia notevolmente dalla parte inferiore sia nello stile che nella muratura. Questa situazione deriva dagli interventi, piuttosto significativi, che interessarono l’edificio religioso nella prima metà dell’ottocento, dove è stato interamente realizzato in stile neogotico l’ordine superiore della facciata. Questo secondo ordine scandito da leggere paraste e chiuso da una cornicione con eleganti figurazioni scultoree a motivi “conchiliformi”, racchiude un oratorio della fine del XVI secolo di cui, sul lato sinistro, rimane una finestra dell’epoca; il risultato è tutto sommato, gradevole.
L’unico fianco apparente della chiesa, lungo via Giovanni Meli, indipendente architettonicamente dalla facciata, presenta tratti di austerità legati allo stile. Si tratta essenzialmente di una muraglia di conci di pietra ritmata da alcune aperture rettangolari architravate con eleganti cornici in pietra e un ingresso secondario alla chiesa. In alto un campanile con copertura in legno e nella parte posteriore si innalza la cupola ottagonale con aperture rettangolari.

L’interno

Si accede alla chiesa da un piccolo portale architravato sormontato da un medaglione in stucco dove è rappresentata la stella a otto punte simbolo della “Vergine”.
Nella parete di controfacciata, in una nicchia sopra il portale si trova una statua di Sant’Alessio protettore dei mendicanti.
L’architettura interna, di ordine corinzio, risulta molto pacata nel suo apparato ordinale di lesene  che legano in modo sintatticamente corretto le pareti delle navate laterali con le volte. L’aula basilicale a triplice navata senza transetto di scuola gaginesca è caratterizzata da archi a pieno sesto che poggiano su colonne monolite con eleganti capitelli corinzi dove, una modesta illuminazione naturale che penetra appena dalle alte finestre laterali, crea suggestioni particolari.
Presenta pregevoli addobbi di stucchi settecenteschi, gustosamente distribuiti attribuiti a Procopio Serpotta. La tribuna ottagona con cupola, progettata dal piemontese Giorgio Di Faccio, di impianto centrico, è di chiaro stile rinascimentale.
Le navate laterali sono fiancheggiate da “rientranze” ricavate dallo spessore dei muri su entrambi i lati (solo una, la seconda di destra, è una cappella profonda, intitolata a Santa Maria la Nova) dove, anche se purtroppo molte sono state trafugate, si possono ammirare ancora opere d’arte di notevole interesse e valore artistico .
Il pavimento in marmo della navata centrale con stelle ad otto punte, che rimanda simbolicamente alla Vergine, è opera novecentesca realizzata su disegno di Francesco Paolo Palazzotto.

Le navate laterali

Lato destro

La prima nicchia a destra dell’ingresso custodisce una pregevole tela settecentesca di Carmelo Salpietra che raffigura “l’Angelo custode”.
Degna di nota la cappella che segue intitolata a Santa Maria la Nova, come dicevo l’unica cappella vera e propria. Sulla volta troviamo pregevoli affreschi che raffigurano la Vergine con i quattro Evangelisti.
Alle pareti tre elaborati monumenti funebri d’ispirazione manierista appartenenti alla nobile famiglia Giancardo, che un tempo deteneva il patrocinio della cappella, e sull’altare un dipinto settecentesco di notevole interesse che raffigura “La Madonna con Gesù e Santi” di Antonio Manno, allievo del più celebre pittore Vito D’Anna.
Nella cappella, entrando a destra, è custodito un dipinto su ardesia del tardo cinquecento che raffigura Cristo e la Vergine.
Nella nicchia successiva si trova un magnifico dipinto del 1774 ancora di Antonio Manno intitolato “Il Transito della Vergine”.
Successivamente troviamo l’ingresso alla sacrestia sormontato da un elegante balconcino di gusto rococò in funzione di cantoria.
Nell’ultima  nicchia della navata si trova un monumento funebre in marmo.
Proseguendo arriviamo alla prima cappelletta dell’emiciclo destro della tribuna dove è collocato un dipinto che raffigura la Madonna del Lume del pittore Luigi Lo Jacono del 1883 con ai piedi un fonte battesimale.
Andando avanti troviamo un piccolo altare a mischio con la tela cinquececentesca  che rappresenta “ Il ritrovamento della Croce” del pittore lombardo Giulio Musca.

Lato sinistro

Nella prima nicchia di sinistra una pregevole tela ancora di Antonio Manno “La Sacra famiglia e Santa Rosalia “ (1774) e ai piedi della nicchia il Gonfalone della confraternita dei “Cassari”.
Appare di notevole interesse la nicchia seguente, dove troviamo un crocifisso ligneo dei XVIII secolo assai efficace e accanto, la statua lignea della “Vergine Addolorata” di Girolamo Bagnasco; ai piedi il simulacro del Cristo morto che, insieme all’Addolorata vengono portati in processione dall’antica confraternita dei Cassari il Venerdì Santo.
Nella nicchia che segue possiamo ammirare un’altra opera di Antonio Manno “La Madonna di Monserrato” con i santi Ninfa, Antonio Abate, Nicola di Bari e Sebastiano sempre del 1774.
Più avanti si trova l’ingresso laterale alla chiesa sormontato da balconcino cantoria e appresso un monumento sepolcrale in marmi mischi.
Proseguendo, nell’emiciclo sinistro della tribuna, troviamo sul piccolo altare in marmo, un dipinto su tavola del 1584, molto “toccante”, che raffigura il “Martirio di Santa Caterina” attribuito al cremonese Giovanni Paolo Fonduli.
A seguire, sempre nella tribuna, sull’altare della seconda cappelletta è collocata una pala che rappresenta “Il compianto sul Cristo morto” significativa opera del XVIII secolo.
Infine sull’altare maggiore, fra decori in stucco (i pochi superstiti della ricca decorazione che ornava l’intera tribuna), è collocata una splendida pala di Pietro Albina (figlio del più noto Giuseppe detto il “Sozzo”) che raffigura   “L’Immacolata Concezione“ del 1623, sormontata da un tondo con la colomba, simbolo dello Spirito Santo, sorretto da putti. Ai lati dell’altare due plastici serafini in stucco.

Oggi lo stato di conservazione dell’edificio religioso è, tutto sommato dignitoso, anche se degli interventi di restauro sarebbero auspicabili.

Nicola Stanzione

  • INDIRIZZO: piazza S. Giacomo la Marina 13
  • TELEFONO: +39 091 326597

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Nicola Stanzione
Nicola Stanzione
Innamorato di Palermo ed esperto dei suoi palazzi storici, monumenti, usi, costumi e tradizioni

1 COMMENTO

  1. pochi sanno che li difronte avevano la Bottega Paolo e Ignazio Florio quest’ultimo viveva in via dei materassai dietro l’angolo una piccola perla di una Palermo caduta nell’oblio del tempo

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