Costruito nel periodo razionalista e futurista, il Palazzo delle Poste di Palermo rappresenta un importante pezzo di storia italiana. Il suo design “pesante” e squadrato si contrappone agli edifici circostanti lungo la via Roma, distinguendosi per la sua unicità. Tuttavia può essere considerato un simbolo di innovazione e visione avveniristica. Dal punto di vista funzionale è stato a tutti gli effetti un ufficio postale, ma dal punto di vista della filosofia politica il Palazzo delle Poste rimane anche una testimonianza tangibile della cultura fascista.
Storia del Palazzo delle Poste
Il Palazzo delle Poste di Palermo, progettato alla fine degli anni venti, dunque in pieno periodo fascista, fu inaugurato il 28 ottobre 1934 proprio in occasione del dodicesimo anniversario della Marcia su Roma.
Durante l’era fascista, gli edifici pubblici divennero un simbolo politico di grande importanza. Il concetto di “stile unitario nazionale” richiedeva un’architettura monumentale, che trasmettesse un messaggio di grandezza, magnificenza, orgoglio e fierezza nazionale. Tutto questo costava sforzi costruttivi ed economici notevoli. Si trattava di vere e proprie imprese architettoniche, assegnate tramite concorsi pubblici o più spesso con commissioni dirette a professionisti di spicco.
La scelta per eseguire il Palazzo della Poste di Palermo ricadde su Angiolo Mazzoni del Grande, nato nel 1894 a Bologna, ingegnere e architetto del Ministero delle Comunicazioni dal 1926. Noto per essere stato uno dei principali progettisti di edifici pubblici, stazioni e strutture ferroviarie e postali, lavorò come ingegnere capo per le Ferrovie dello Stato realizzando importanti progetti in diverse città italiane, tra cui Firenze, Messina, Milano e Roma. Dopo la caduta del fascismo, si trasferì in Colombia fino al 1963, ricoprendo numerosi incarichi come professore universitario e progettista di opere pubbliche. Ritornato in Italia, morì a Roma nel 1979.
Architettura Esterna
Lo stile dell’edificio riflette l’ideologia fascista e l’epoca in cui è stato realizzato, essendo fortemente influenzato dal Razionalismo italiano. Questo movimento architettonico si basava sulla funzionalità, eliminando elementi decorativi superflui e valorizzando le strutture essenziali. Inoltre, abbracciava l’utilizzo di nuove tecniche costruttive e materiali come cemento armato, ferro e vetro. Inoltre, l’architetto Mazzoni aderendo al movimento futurista nel 1931, contribuì a rendere l’edificio ancora più innovativo.
L’area al margine della via Roma dove venne costruito il complesso si estende su più di 5000 m². La struttura è organizzata simmetricamente intorno a due cortili laterali, all’interno di uno dei quali è collocata una statua in bronzo di Domenico Ponzi, “il Milite dormiente” che ricorda i caduti della Prima guerra mondiale. In passato, nella parte destra dell’edificio erano presenti tre grandi fasci littori in marmo, alti quanto l’edificio stesso, che vennero rimossi alla caduta del regime fascista.
Alla sinistra di chi guarda, nella via Epicarmo, intorno al 1934 fu collocata la grande statua del protettore dei postini, “S. Cristoforo che porta Gesù in spalla”, realizzata da Benedetto De Lisi Jr.
L’architettura esterna richiama l’idea di un antico tempio greco con una maestosa scalinata che immette alla imponente facciata caratterizzata da un colonnato frontale di 50 metri con dieci colonne alte 17 metri e più di 2 metri di diametro!
Prive di rastremazione ed entasi, le colonne assumono la moderna forma di pilastri cilindrici, con un parallelepipedo schiacciato che funge da capitello.
La struttura fu realizzata in cemento armato e le pareti in muratura. Tutta la facciata è rivestita dal marmo grigio di Billiemi, un materiale tratto da cave locali che garantiva una vasta produzione di lastre di grandi dimensioni, altamente resistenti. Nonostante le molte critiche di chi sostenne che sarebbe stato da preferire una pietra “più classica” come quella delle cave di Solunto, Mazzoni difese le sue scelte ritenendole più moderne e futuriste. Le caratteristiche mineralogiche e di resistenza e la duttilità della pietra di Billiemi, risultarono ideali per la realizzazione del taglio a spigoli vivi, ed anche per il lavoro degli scalpellini per le lastre, curve e sagomate delle colonne, realizzate a mano.
Sulla sommità dell’edificio, tra due bassorilievi di Napoleone Martinuzzi, che rappresentano due figure alate, campeggia l’iscrizione “Poste e Telegrafi”, ma al tempo della sua costruzione si poteva leggere la scritta che inneggiava il regime: “Regnando Vittorio Emanuele III – Duce Benito Mussolini. Anno Undecimo della Rivoluzione Fascista”.
Interni del Palazzo delle Poste
L’edificio è un raro esempio di architettura futurista, con interni che sono stati curati in ogni dettaglio.
Le porte sono rivestite di rame, come altre suppellettili; le maniglie delle finestre sono appositamente progettate e l’illuminazione è moderna e funzionale. Le pietre e i marmi, tutti provenienti dall’Italia, sono stati scelti con cura per creare un effetto armonioso.
Notevole è la bella scalinata a spirale elicoidale interna, ma è la Sala delle conferenze ad essere particolarmente suggestiva. I cinque pannelli su tela di Benedetta Cappa, moglie di Filippo Tommaso Marinetti, raffigurano le varie forme di comunicazione: terra, mare, aria, radio, telegrafo e telefono. I colori vivaci e le forme geometriche dei pannelli si sposano perfettamente con l’architettura futurista dell’edificio. Al centro c’è un tavolo oblungo di marmo che ricorda l’ala di un’aeroplano. Questo tavolo potrebbe essere visto come una metafora del potere fascista, che si proiettava verso il futuro con la forza e la velocità di un aeroplano.
Gli spazi interni del Palazzo delle Poste sono arricchiti da marmi pregiati e da dettagli moderni disegnati dallo stesso architetto. Alcune decorazioni furono disegnate da artisti futuristi come Tato e Benedetta Marinetti.
Danneggiato da un incendio nel 1989, il Palazzo delle Poste è stato successivamente restaurato e svolge ancora la sua originaria funzione pubblica.
Il Palazzo delle Poste oggi
Piaccia o meno, il Palazzo delle Poste rappresenta un monumento diventato iconico per la città di Palermo. Certamente dalla popolazione è riconosciuto di più per la funzione che svolge, per tanti altri è stato ed è tuttora il luogo di lavoro, ma in ogni caso per la sua mole non passa inosservato.
Quello che speriamo è che non venga abbandonato al degrado, fosse solo la sporcizia che a volte vediamo all’interno del colonnato o più frequentemente all’interno della due vasche delle fontane poste ai lati della gradinata.
Saverio Schirò
Fonti:
- Domenica Sutera, Tipologia, materiali e costruzione: i prospetti colonnati pubblici in Sicilia dall’età post-unitaria al ventennio fascista, tra reminiscenze archeologiche e modernità, in ArcHistoR architettura storia restauro – architecture history restoration Anno VII (2020) n. 13
- Davide Mauro, Un gioiello razionalista, in elapsus.it
- Silvia Colombo, Angiolo Mazzoni, Palazzo delle Poste a Palermo (1926-1934) in http://dialecticsofmodernity.manchester.ac.uk/
- Pierangelo Sapegno, La nostra grande bellezza: al Palazzo di Palermo il mondo in fila per ammirare lo scrigno dei nostri tesori, in tgposte.it
- Immagini interne by Davide Mauro via wikipedia.org con licenza CC BY-SA 4.0
- Immagine di copertina by Salvatore Ciambra con licenza CC BY-SA 4.0
Bellissimo!si trovano pochissime notizie su come visitare questo gioiello….