Avete mai sentito parlare della ferrovia di Monte Pellegrino? Se ve lo state chiedendo la risposta è no, non è mai esistita, eppure questa era il fulcro di un ambizioso progetto presentato da un gruppo di imprenditori e illustri cittadini, al comune di Palermo.
Oltre alla realizzazione della citata linea ferrata, la proposta prevedeva anche la realizzazione di un polo commerciale, diversi punti di ristoro, uffici, magazzini e persino la lottizzazione di una vasta area del monte, da destinare alla costruzione di villette panoramiche.
Scopriamo di più su questa grande opera, purtroppo o per fortuna mai realizzata.
L’accesso a Monte Pellegrino prima della strada
Oggi salire a Monte Pellegrino è abbastanza semplice, ma prima della realizzazione dell’odierna strada “rotabile”, voluta nel 1903 dal sindaco Pietro Bonanno e terminata solo nel 1924, l’accesso al monte era molto più complicato e faticoso.
Fino al 1624, anno del rinvenimento delle ossa di Santa Rosalia, la salita poteva avvenire solo attraverso i pochi ed irti sentieri che esistevano sin dal medioevo, e probabilmente anche da prima. Poco importava, visto che gli unici ad avventurarvisi erano i pastori, i taglialegna e gli addetti alla torre di guardia che si trovava in cima.
Ovviamente con il culto della Santuzza e la costruzione del famoso santuario le cose cambiarono. Per permettere l’afflusso dei fedeli uno degli antichi sentieri fu trasformato in una serie di ripide rampe d’accesso, note come “scala vecchia”, la cui costruzione terminò nel 1650.
Già nel 1674 iniziarono i lavori per la costruzione di una più agevole “scala nuova”, che però tra vari intoppi, lungaggini ed enormi spese, fu completata solo nel 1725, ben 51 anni più tardi.
Il lungo percorso si affrontava a piedi, naturalmente. I nobili e i cittadini più abbienti, potevano noleggiare un somarello da uno dei tanti “sciccara” che si trovavano alle falde della montagna. Questi erano l’unico mezzo che potesse aiutare durante la salita, sia per il trasporto di bagagli, sia per permettere alle signore di mantenere uno stato di dignitosa compostezza, senza disdicevoli sudori e proteggendosi il viso dal sole con grandi e vistosi cappelli.
L’uso delle “scale” a piedi o a dorso di mulo, fu l’unico modo per salire sul “promontorio più bello del mondo”, fino alla costruzione della strada, progettata già nel 1896 da Giuseppe Damiani Almeyda, ma terminata solo nel 1924, in occasione del 300° anniversario del ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia.
E la ferrovia di Monte Pellegrino?
Già alla fine del XIX secolo, fu evidente come la “scala nuova” non fosse più una via adeguata alle esigenze dei pellegrini, nonché ai tempi ed al progresso tecnologico. Per questo motivo nel 1891 un gruppo di imprenditori ed illustri cittadini palermitani, capitanati da un certo Gaetano Alongi, presentarono al sindaco un ambizioso progetto di riqualificazione, ammodernamento e sfruttamento della montagna.
Fulcro della proposta era la realizzazione di una linea ferrata che trasportasse i passeggeri da valle a monte e viceversa. Questa sarebbe stata realizzata con un un binario a scartamento ridotto ed un sistema a cremagliera progettato per affrontare salite con pendenza fino al 25%, molto simile a quello che sarebbe stato costruito a Monreale qualche anno più tardi.
Il progetto prevedeva l’uso di una locomotiva alla quale sarebbe stato agganciato un unico vagone che poteva accogliere 60 passeggeri seduti, lungo un percorso costituito, tratti in trincea, ponti e perfino gallerie.
Ma c’è di più.
La ferrovia di Monte Pellegrino sarebbe partita in prossimità della prima rampa della “scala nuova”, per poi fermarsi circa a metà strada, sul Piano dei Cammareddi, dove era prevista la realizzazione di un Gran Caffè, chioschi, negozietti e giardini, nonché di una serie di magazzini e di un deposito ferroviario.
La salita sarebbe poi proseguita fino alla “croce”, dove sarebbe stato impiantato un altro punto di ristoro per i viaggiatori.
Per la realizzazione dell’ambizioso progetto, l’Alongi chiese al sindaco un finanziamento iniziale di 200 mila lire, più 10 mila lire annue per i successivi 10 anni, oltre a tutte le autorizzazioni e alla concessione dei circa 15 ettari di terreno necessari a completare i lavori.
In cambio l’associazione dopo 30 anni avrebbe ceduto l’intero impianto al comune, che avrebbe così potuto avviare una lottizzazione massiccia finalizzata alla costruzione di un numero imprecisato di villette panoramiche, che certamente avrebbero cambiato per sempre il volto della montagna che tanto amiamo.
Dunque, per ragioni forse economiche, oltre che burocratiche, l’ambiziosa ferrovia di Monte Pellegrino non venne mai alla luce, il che probabilmente fu una fortuna.
Fonti: R. La Duca – La città perduta IV serie – Palermo 1978 – Edizioni e Ristampe Siciliane
Wikipedia.org – Monte Pellegrino