Per parlare di Leonarda Nicotra bisogna andare indietro nel tempo, fino al 1624 e soprattutto bisogna parlare di prostituzione. Non di quella di adesso, ma di quella dei secoli passati, anche se per certi aspetti la differenza non sembra troppa.
La prostituzione nei secoli passati
La prostituzione è sempre stata considerato “il mestiere più antico del mondo” e questo vuol dire che la domanda è sempre stata tale che non vi sono mai periodi di crisi per chi esercita questa professione. E la storia, anche di Palermo, ce ne da conferma.
Una professione controversa perché da un lato è tollerata come un “male necessario” per l’aspetto sociale, che non va dimenticato, ma dall’altro non viene gradito dalle autorità per il decoro della città e il disturbo della quiete pubblica.
Ed è stato sempre così! Quanti bandi, prammatiche, disposizioni venivano emanati per arginare e regolamentare queste attività! Tutto inutile, così come erano vani i tentativi di riunire queste meretrici in luoghi appositi, separati dalla città.
Per ragioni comprensibili, invece, i luoghi preferiti da queste donne per esercitare erano solitamente quelli vicini al porto: luoghi di passaggio di viaggiatori occasionali, di marinai in forzata astinenza, luoghi solitamente poco frequentati dalla gente per bene. Pensate che proprio per questa scarsa frequentazione, la parte finale dell’attuale corso Vittorio Emanuele, era conosciuto come “il Cassaro Morto” e “battuto” da professioniste della strada chiamate per questo “cassariote”.
Non possiamo sapere quante fossero coloro che si dedicavano a questa professione, ma sappiamo dai documenti, che intorno alla metà del 1300 le prostitute erano aumentate di numero tanto da occupare il vecchio quartiere abbandonato dagli amalfitani, nei pressi della chiesa di sant’Andrea, borgata che per questo era nota come Burdellu di Santu Andria.
A questa compagine del piacere a pagamento dobbiamo aggiungere la figura delle cortigiane. Chi erano costoro? Erano anch’esse prostitute, ma raffinate, belle e preparate sia nella vita sessuale, ma anche nelle arti e nelle lettere. Dunque ottime dame di compagnia per gli uomini che potevano permettersene una. E sì, perché una cortigiana costava, eccome! Vestiva abiti lussuosi, indossava gioielli, viveva in appartamenti eleganti: insomma erano donne colte e raffinate. Poteva essere motivo di vanto, per un nobile intrattenersi con una siffatta accompagnatrice, specie se questa aveva di suo una certa fama negli ambienti dove si riuniva la nobiltà maschile.
Ed erano donne libere che avevano accesso ad una cultura solitamente preclusa al mondo femminile dell’epoca, sebbene ricche o aristocratiche, il che le rendeva in un certo modo speciali.
Alcune si pentivano, per ragioni che per lo più rimangono intime e private, ma per loro la vita non diventava più facile, perché erano ormai segnate da un marchio di infamia!
Di prostitute pentite e redente è piena la storia, a partire dai racconti del Vangelo, dove Gesù stesso mostra indulgenza e perdono per queste donne, ma queste “ree-pentite” che fine facevano? Chi aveva una dote, o dei possedimenti poteva trovare riparo in alcuni monasteri della città dove scarseggiavano le suore (⇨ La cripta delle Repentite). Ma per le prostitute che provenivano dalla strada non c’era posto nei monasteri. Ecco allora l’opera pia di nobili benefattori che fondavano istituti appositi, chiamati “Case, Ritiri o Conservatori” dove potevano trovare riparo le povere donne che abbandonavano la vita disonesta e volevano riconciliarsi con Dio. A Palermo ne esistevano diverse, a volte patrocinati dalle autorità civili che non gradivano il libero passeggio notturno di tali “signore”.
Leonarda Nicotra prostituta pentita
Di queste donne non è mai tramandato il nome, a volte il soprannome per certe qualità pubblicamente riconosciute, ma quasi nulla della loro identità. Per questo fa una certa impressione leggere un nome e cognome negli Atti del Senato di Palermo, datati agosto 1624: Leonarda Nicotra è il suo nome.
Chi era questa donna? Una prostituta certamente, una cortigiana probabilmente, dal momento che aveva dei possedimenti che ad un certo punto della sua vita volle donare ai poveri e come dote per le donne orfane che volevano sposarsi. Doveva essere molto bella e conosciuta nei Circoli importanti della città. Per questo se ne occupò il Senato, nella figura del pretore don Vincenzo del Bosco e niente meno l’arcivescovo di Palermo Giannettino Doria, allora luogotenente e capitano generale del Regno, ai quali la donna chiese la grazia del perdono ed il permesso di entrare in convento.
Era un anno difficilissimo per Palermo e in genere per tutta la Sicilia, quel 1624. Anno della peste che mieteva vittime, anno di suppliche e preghiere a tutti i santi perché finisse, e anno del ritrovamento delle ossa di santa Rosalia sul monte Pellegrino.
Palermo si era attrezzata come poteva per arginare l’epidemia: lazzaretti erano stati fondati fuori le mura per accogliere i contagiati, ma erano un ripiego piuttosto precario. Non bastava l’assistenza sanitaria, anche perché i volenterosi finivano per contagiarsi a loro volta e morire. Alcuni dei monatti che trasportavano gli appestati, forti per l’immunità, facevano ruberie ed approfittavano delle giovani donne contagiate che venivano stuprate all’interno dei lazzaretti. Anche la moralità generale pare fosse diminuita notevolmente e non pochi si lasciavano andare ad ogni sorta di libidine, tanto…
E questo spiegherebbe, secondo alcuni storici, l’aumento delle nascite in conseguenza di episodi epidemici.
In questo contesto di morte, caos e degrado sociale, il ravvedimento di Leonarda fece ancora più scalpore. Anche perché oltre alla rinuncia dei beni, la donna si offrì volontaria per assistere gli ammalati all’interno di un lazzaretto, con tutti i rischi che correva.
Le nobili azioni parlarono per lei: il vescovo le concesse la grazia e il pretore, il consenso di entrare nel monastero delle repentite, “semmai fosse scampata dal contagio”.
Non so cosa avvenne dopo, se la bella Leonarda Nicotra sia sopravvissuta alla peste e abbia continuato la sua vita di espiazione nel convento di Santa Maria delle Grazie in via Divisi. Personalmente mi piace immaginarla tra quella schiera di santi che non sono scritti in nessun calendario, ma meritano comunque la memoria di un nostro ricordo.
Saverio Schirò
Fonti:
- Paola Pottino, Un documento conservato nell’Archivio storico ricostruisce la vicenda della “escort” palermitana del Seicento che volle dare i suoi beni ai poveri e accudire i malati del lazzaretto, in Repubblica.it
- Calogero Messina, Sicilia 1492 – 1799, Un campionario delle crudeltà umane, Editrice L’Orma Palermo, 2022
- Rosario La Duca, La città passeggiata, Taccuino palermitano, vol 1, Editrice L’Epos Palermo, 2009
- Rosario La Duca, La città passeggiata, Taccuino palermitano, vol 3, Editrice L’Epos Palermo, 2003
- Foto by Depositphotos