Sono sicuro che in molti si ricordano del Cine-Teatro Finocchiaro in via Roma, 182, soprattutto coloro che lo hanno frequentato come cinema, affascinati dal lucernario ottagonale che tra il primo ed il secondo tempo si apriva facendo uscire la colonna di fumo di sigaretta.
La storia di questo “monumento” ormai abbandonato si intreccia col Taglio della via Roma, esattamente quando con i lavori del quarto tronco, la nuova strada venne collegata alla Stazione centrale nel 1922.
La storia delle origini del teatro Finocchiaro
Fu proprio in quell’anno che la ricca famiglia borghese dei Finocchiaro affidò il progetto all’ingegnere Paolo Bonci: costruire un Teatro moderno per il grande pubblico, con spettacoli “più leggeri” e adatti alle nuove tendenze della cultura europea.
L’idea è il frutto del periodo di grande fermento culturale in cui viveva la città di Palermo dall’inizio del secolo, quando era considerata una meta privilegiata per di molti viaggiatori del Continente e non solo: il clima salubre, l’aria esotica, la ricchezza di storia cristallizzata nei suoi monumenti. Tutto questo in una città con una vita mondana di primo livello grazie ai suoi teatri, i circoli esclusivi, i cafè – restaurants, il casinò, l’ippodromo e ultimamente i cinema, la nuova arte giunta da lontano.
Il cine-teatro Finocchiaro nasce proprio con la volontà di essere tutto questo insieme: in primo luogo un teatro da mille posti! tre ordini di palchi, un anfiteatro, la sala e la platea a gradinata. In una sala laterale il cinematografo, ma anche la sala da tè e il ristorante.
Anche dal punto di vista architettonico, l’edificio risultò un’opera decisamente originale, col suo stile vagamente Liberty, ma secondo il gusto dell’epoca, più ispirato alle architetture déco americane e nordeuropee.
Il prospetto su via Firenze, era l’ingresso principale con le due entrate per i ricchi borghesi, mentre l’ingresso sulla via Roma era riservato al popolino, “per non far scontrare il pubblico dei palchi e quello del loggione”, spiegava il Giornale di Sicilia di allora. Nella via Genova invece, si può ancora scorgere l’ingresso per i commedianti.
Inizialmente la costruzione era su due elevazioni con il prospetto principale caratterizzato da linee disomogenee ma armoniose, grazie alle ricche decorazioni che ancora si scorgono fra le finestre. Originale e caratteristico il tetto dove si apriva magicamente il lucernario ottagonale, mostrando agli spettatori affascinati un meraviglioso cielo stellato.
Più tardi, secondo l’esempio degli cinema-palazzi dell’epoca, l’edificio fu elevato con la costruzione di appartamenti per civile abitazione compresa quella della famiglia Finocchiaro.
L’inaugurazione, il prestigio e il lento declino
Il Teatro Finocchiaro venne inaugurato il 24 febbraio del 1923 con lo spettacolo “Don Pietro Caruso”, un dramma del 1882 in atto unico, con gli attori della compagnia De Santis che si muovevano nel grande palcoscenico di 180 metri quadrati. Da allora attori di livello come i catanesi Giovanni Grasso e Angelo Musco, Macario, il “principe” Totò, Aldo Fabrizi, insieme a compagnie del varietà calcheranno la scena del prestigioso teatro palermitano.
Durante gli anni trenta, purtroppo, la preminenza mondana e culturale di Palermo cominciò a scemare e non furono più costruiti teatri e cinematografi di questo livello, per cui il Finocchiaro rimase uno dei più importanti della città, ma il declino era già alle porte.
Alla fine degli anni ‘30, Emanuele Finocchiaro morì lasciando tutto ai quattro figli e, come spesso accade in questi casi, il cine- teatro subì il colpo e cominciò ad arretrare nel panorama degli interessi della città.
La guerra fece il resto. Chi pensava ai divertimenti mentre la guerra imperversava e la città era soggetta ai bombardamenti? Infatti in questo periodo pare che i locali del teatro venissero usati come rifugio antiaereo durante le incursioni nemiche.
Nel ‘50 i Finocchiaro cedettero la gestione alla famiglia Mangano e sei anni dopo il teatro fu dismesso rimanendo soltanto la programmazione cinematografica, ma di seconda fascia con film già visti, in “seconda visione” come si diceva allora.
Da quel momento, il cinema Finocchiaro segui la parabola discendente della cinematografia italiana come ben raccontato nel film di Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”.
La programmazione si orientò dapprima verso i film Western riproposti per i vecchi nostalgici del genere, poi, seguendo la moda, si riproposero dei film sulle arti marziali, pellicole già viste e riviste, per scadere infine nel genere pornografico come molte altre Sale della città.
Il declino dagli anni ’90 ai nostri giorni
Ovviamente fu la fine, e nessuno dei sporadici frequentatori di questa “programmazione diurna” era consapevole che stava all’interno di un vero e proprio monumento di interesse storico artistico.
Nel 1990 la proprietà tornò agli eredi Finocchiaro ma il destino era ormai segnato. Furono messe in opera diverse iniziative per dare un senso al complesso: si passò dal tentativo di riallestire un teatro di avanguardia, all’affitto alla facoltà di Architettura per attività didattiche; nel 1998 fu ceduto alla famiglia Siviglia nella speranza di farlo ridiventare cinema di “Prima visione”, ma anche questa esperienza dopo pochi anni si concluse nel 2004.
L’ultimo tentativo, dieci anni dopo, con l’iniziativa di un gruppo di giovani artisti che hanno tentato di dare nuova vita al complesso, stavolta come teatro, con spettacoli di varietà, cabaret, jazz e cene speciali, visite guidate…
Purtroppo anche questa esperienza dei giovani Bohemiens, questo era il nome degli artisti organizzatori, è durata solo un paio di anni e dal 2016 il monumento è rimasto chiuso.
Fa un po’ tristezza passare oggi dalla via Roma e vedere la saracinesca del Finocchiaro chiusa e occupata dai tavolini di un bar e ricordare che l’ultima volta che ci sono entrato, fu per rivedere “Cinque dita di violenza”, un film di arti marziali riproposto per l’ennesima volta: peccato che il lucernario è rimasto chiuso, del resto come ancora adesso.
Saverio Schirò
Fonti:
- R. Ragonese, The Cutting of via Roma, il taglio di via Roma, Sellerio Editore, Palermo 2006;
- E. Sessa, Kursäle e cinematografi, in G. Pirrone, Palermo, una capitale, dal Settecento al Liberty, Electa Milano 1989;
- Un ringraziamento speciale a Giovanni Lizzio per le notizie e le fotografie postate nella pagina Facebook “Racconti di Palermo e dei suoi cinema“ che invitiamo a visitare agli appassionati.